L’ottava edizione del Carnevale di Giugliano in Campania raggiunge l’apice venerdì 21 febbraio; alle ore 11:30 il festante corteo partirà da Piazza Gramsci per poi sfilare al centro storico. La realizzazione di questa gioviale parata e delle maschere carnevalesche nasce nei laboratori scolastici, sia con gli alunni che con le famiglie, di riciclo creativo dell’associazione di promozione sociale “Set Me Free” in collaborazione con i Circoli didattici primo, secondo, terzo, quinto e settimo, le scuole medie “Cante” e “Gramsci-Impastato” e la scuola Azzurra. È il progetto “Cultura Open Source. Laboratori, arte e cultura in libertà” che si svolge da gennaio a giugno, patrocinato dal Comune e inserito nel Coordinamento dei Carnevali di Napoli e provincia. I partecipanti ai lab hanno costruito in maniera artigianale, ecosostenibile e cooperativa cappelli e maschere per la sfilata, che verrà introdotta dalla performance di arte circense dell’artista internazionale Mariano Fiore “Malabariano” dalle ore 10:30. Collaborano l’Associazione Nazionale Carabinieri, le associazioni “The Jack”, “ASD Polisport”, “Napoli Capitale”.

Un ringraziamento speciale alle famiglie degli studenti, che hanno risposto in massa alla richiesta di materiale riciclato, a Bentini S.r.l. per i ritagli di tenda, all’azienda grafica “Aura Graph” per l’ingente quantitativo di cartone riciclato e a “Lima Legnami” per le strutture in legno donate. Il titolo di questa edizione 2020, alla quale naturalmente siete come sempre tutti invitati, è “Natura d’animo”: Il pianeta Terra è il nostro ambiente, l’habitat condiviso dagli esseri umani come anche da altri esseri viventi. In questa convivenza i bisogni di ciascuno vengono limitati reciprocamente, in un quadro perfetto che nella natura nel corso del tempo si è delineato e si evolve armonicamente. Un equilibrio che se sconvolto da eventi critici riesce a trovare comunque nuovi assetti: a farne le spese non è il pianeta in sé ma forme di vita. Il genere umano dovrebbe prendere consapevolezza del fatto che il porsi in perenne e estrema competizione con i propri simili e con l’ambiente naturale, il credere di essere composto da individui senza alcun tipo di legame, ci allontana dalla realtà dell’interdipendenza. Per poter avere un’adeguata qualità di vita ma anche solo la sopravvivenza, dipendiamo, gli uni dagli altri e con la natura stessa, reciprocamente.

Inoltre con la globalizzazione e le nuove tecnologie della comunicazione possiamo realizzare di essere un grande gruppo in interazione, il genere umano appunto, addirittura includendo, com’è giusto che sia, anche tutti gli altri esseri viventi e la natura in generale. Illudendoci di poter vivere come individui in competizione, o privi di legami, con essa, si lascia spazio alla distruzione, viene meno quella sana cooperazione, nel rispetto dei reciproci diritti, per il raggiungimento di un obiettivo comune. Viene meno quell’attitudine a pensare la totalità, a pensare il gruppo come squadra e a pensarsi in continuità con la natura, in cui il destino di ogni membro è interconnesso e il successo di uno è legato al successo degli altri e dell’ambiente. Nella realtà dell’interdipendenza, tutti beneficiano dei risultati positivi delle scelte degli altri quando si hanno obiettivi condivisi e viceversa tutti vengono feriti da scelte fallimentari, in un rapporto di reciprocità.

Allargando il concetto alla totalità della natura, con la quale pure siamo in un rapporto di interdipendenza, possiamo prendere coscienza dell’importanza del rispetto per essa, indispensabile per un rispetto degli altri e della propria stessa vita. La fantasia dominante è che sfruttando gli altri e la natura ci si procuri dei vantaggi personali mentre in verità si sta solo ingenerando inconsapevolmente distruzione e di conseguenza autodistruzione, riducendo lo spazio vitale.

La speranza è che nuove scelte ecosostenibili, che sono anche sostenibili da un punto di vista umano e sociale, vengano prese nell’immediato a tutti i livelli, per favorire un inevitabile cambiamento che altrimenti potrebbe risultare, se non governato con competenza dall’umanità, travolgente. Un cambiamento che non rifletterebbe un desiderio autentico dell’animo umano. Desiderio che è stato trasformato ma non nobilitato da una cultura scientifica analitica, contrapposta ad una cultura umanistica, qualitativa e spirituale. Paradossalmente in un passato in cui lo sviluppo tecnico-scientifico non era così accentuato, si aveva un rapporto costruttivo con la natura. Dovremmo quindi risignificare, rendere nuovamente noto, il rapporto che i nostri predecessori avevano instaurato con l’ambiente. In esso scorgevano i misteri della creazione e delle forze che la sottendono, dalle quali trarre beneficio attraverso la conoscenza, in un processo spirituale. Attualmente invece la natura viene percepita come un oggetto, da utilizzare a proprio piacimento. Cosa potrà ricucire lo strappo verificatosi tra scienza e umanesimo? Pensare che come esseri umani non siamo né fusi con la natura e nemmeno totalmente slegati da essa, ma in una relazione – inevitabilmente emozionante – può essere la soluzione creativa che si sta prospettando.